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Aramaki ha ragione. Più custodisci qualcosa più rischi di danneggiarla.
Mi sento di sostenere l'affermazione del comandante della nona sezione, e tanto più in quanto è evidente in tutte le manifestazioni del nostro essere dentro il digitale.
Cosa meno ovvia per il legislatore, soprattutto di casa nostra.
Se i principi su cui si basava il diritto d'autore erano entrati in crisi già da un pezzo con lo sviluppo della convergenza digitale, a sua volta anche il principio di identità e la sua riduzione a animula vagula blandula, una specie di ghost ridotto nei minimi termini di "dati sensibili", segue il medesimo destino.
Non sono il solo a rivendicare il diritto all'editing dei miei dati: è sempre più evidente che nel futuro sarà una tematica fondamentale.
Business Week addirittura prevede che l'identità rimpiazzerà l'esperienza, come strategia di marketing, of course, ma è specchio di una società che trova obsoleta la protezione della privacy negli ambienti a tecnologia evoluta, e a dircelo è l'autorevole Forbes. Sottoscrivo.
L'obsolescenza dell'unicità dell'esperienza individuale è una questione contestata da secoli, ma forse è venuto il momento che avere un'esperienza del sè molteplice non sia più relegata nell'ambito dell'arte o alla pazzia, ma al nostro prossimo quotidiano.
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