martedì 29 giugno 2010

Il mondo non da generalità


Guardatelo mentre si avvicina alla macchinetta. Siamo in un ufficio postale. Deve solo pagare una bolletta della luce. La macchina emettitrice di biglietti spiega che ha la possibilità di scegliere fra le opzioni: pagare, spedire, riscuotere, e pagare con la corsia agevolata.

Guarda l'emettitrice con aria tra il sospetto e lo sconcerto. Cosa deve fare? Si guarda attorno. Forse la signora qui accanto sarà così gentile da spiegare che bottone deve schiacciare fra i quattro presenti, ma la signora si allontana. Vabbè. Ne schiaccia un paio, prende due biglietti. Finalmente un giovane li vicino gli spiega quali dei due è quello giusto. Il ticket inutile, viene riposto in un mucchietto di altri biglietti inutilizzati sulla parte superiore dell'emettitrice.
Non mi venite a dire che è questione di design. almeno, non cercatemi di convencere che il design possa essere una soluzione. No.
Quello che mi fa venire in mente è un pensiero ancora più semplice. Mi fa venire in mente che il mondo è opaco.

Il mondo non spiega il suo senso, non da generalità.
benchè il mondo urbanizzato come lo conosciamo oggi sia ricolmo di indicazioni, simboli, interfacce, ancora oggi noi facciamo resistenza a riconoscerli, e preferiamo agire affidandoci alla nostra percezione, all'intuito, all'esperienza o all'abitudine. La dove questa non è sufficiente, ci perdiamo e ci affidiamo all'errore come più efficace strumento di conoscenza. Sbagliando, si impara.
Il mondo intorno a noi si rifiuta di dichiararsi, rimane al di la delle nostre esperienze, una alterità. Il fiume, la montagna, l'emettitrice di biglietti della posta non sappiamo che cosa vogliono dirci.
E' incredibile con quanta ostinazione cerchiamo di far parlare il mondo. Ci è d'altronde necessario, come l'acqua e il sole.

dice Rudolf Kurtz « ... Il mondo fenomenico non è un disordinato miscuglio [...] che si presenta come una espressione mobile e variopinta. L'uomo si immedesima necessariamente in questo fluttuare, e di questi momenti egli vive in maniera meramente emotiva talune intensità che non si manifestano all'esterno. É il contenuto emozionale della natura stessa che non viene dato tangibilmente negli oggetti, ma che viene inevitabilmente condiviso e sentito. Solo questa condizione psicologica rende possibile considerare la natura come un materiale estetico: solo con esso lo stile e la disposizione spirituale divengono produttivi. Anch'essa deve venire fotografata, altrimenti alla natura subentra una smorfia palesemente vuota. »

Sono d'accordissimo con kurtz: il "dato tangibile" non è nelle cose, e il dato fenomenico che si tratti del nostro vecchio buon mondo a base carbonio o quello digitale a base silicio, rimane ai nostri occhi un mistero.

La realtà aumentata, la tassonomia sociale di Face Book, la pervasività di Google non danno assolutamente maggiore chiarezza al mondo.
Non potranno mai coglierne il senso. Possono spiegarlo, ma niente di più.

Nel tentativo di spiegare e di normalizzare c'è un baco - e meno male - che ci permetterà di continuare a essere liberi, e di sfuggire al controllo, che da sempre qualunque potere cerca di agire sulle persone: controllo del corpo, controllo della mente e ora, controllo della rete.
questo bug è il buio, l'oblio, la impossibilità della esperienza a essere ridotta a informazione.